Un giardino di esperimenti
Questo articolo accompagna il video “Priestley e la respirazione”, dove si propongono una serie di esperimenti e osservazioni su diversi generi di aria, come recita il titolo dell'importante libro dello studioso inglese.
Gli esperimenti proposti nel video e descritti nelle schede didattiche (link) sono, da un certo punto di vista, un invito ad entrare nel grande giardino di esperimenti che riguardano le foglie, la luce del sole, la fotosintesi, le diverse arie, le bibite gassate, il fuoco, la respirazione, la fermentazione.
La porta principale di questo giardino di esperimenti è a misura di bambino.
È un giardino molto grande, ci si trascorre del tempo in ogni grado di scuola, ci si entra anche da grandi e la vita non basta per esplorarlo tutto, il giardino della natura, ma la porta principale è a misura di bambino. Perché? Per due motivi principali.
In primo luogo, le scoperte di Priestley, Ingenhousz e degli altri primi pionieri di questo tipo di studi sono state realizzate con materiali semplici.
Priestley usa bicchieri rovesciati e bacinelle, Ingenhouz provette e bicchieri sottili, con tubi di vetro che entrano in turaccioli. Questi apparecchi, detti talvolta vaschette pneumatiche, vennero poi perfezionati, graduati e chiamati eudiometri.
In secondo luogo, gli esperimenti eseguiti nel settecento dai pionieri, ripetuti nelle università da altri studiosi e dagli studenti, sono stati poi riproposti sui libri di esperimenti per ragazzi, nell'ottocento e nel novecento.
E così, gli esperimenti di Joseph Priestley sulla “aria fissa” (la nostra CO2), raccontati nel nostro “Bolle sospese al birrificio”, sono stati reinventati alla fine dell'Ottocento da Tom Tit in “Bolle di sapone e acido carbonico”, riportato in antologia (link) e tratto da “La science amusante”, la notissima raccolta di scienza per ragazzi.
Allo stesso modo, gli esperimenti sulla “aria deflogisticata” (il nostro Ossigeno) di Jan Ingenhouz, tratti dal suo “Esperimenti sulle Piante” e di cui si ripropone il decimo in antologia (link), sono stati reinventati a metà Novecento da Mae e Ira Freeman nel loro “Piante che respirano”, anch'esso riportato in antologia (link) e tratto da “Fun with Chemistry”, esperimenti semplici per ragazzi e ragazze.
E così, la riflessione che si fa in questo giardino di esperimenti con le foglie, è su come gli esperimenti della storia della scienza diventano poi libro per bambini.
Un po' è come scrive Priestley, non c'è solo semplicità, ma arte e destrezza insieme alla semplicità, e bambini e ragazzi imparano ad acquisire e sviluppare queste abilità.
Eppure nonostante la semplicità di questi apparecchi, e la facilità con cui le diverse operazioni si conducono, io penso che nessuna persona, senza esperienza, possa immaginarsi di essere capace di scegliere uno degli esperimenti che seguono, ed eseguirlo immediatamente, senza difficoltà o in modo maldestro. È noto a tutte le persone conversanti in filosofia naturale, che ci sono molte piccole attenzioni e precauzioni che è necessario osservare nella conduzione degli esperimenti, che non possono essere ben descritte a parole, ma che è inutile descrivere, perché la pratica necessariamente le suggerirà; infatti, come in tutte le arti in cui si fa uso delle mani e delle dita, è solo molta pratica che può abilitare una persona a passare attraverso esperimenti complessi, di questo o di altro genere, con facilità e prontezza.
Ragazzi e ragazze imparano a usare le mani e le dita in laboratorio, dunque. Ma non solo. Gli esperimenti rimbalzano da un libro all'altro perché la componente di curiosità, di meraviglia e di gioco così evidente sulle copertine dei libri per ragazzi, è presente – eccome – nel giardino di piante acquatiche e bollicine dei grandi scienziati, con caraffe a forma di foglia inondate dalle luce del sole, tubature e acqua frizzante, erbari e arie che si trasformano.